Autodipinti prevalentemente neri, colore che domina – a primo impatto- ma al di sotto del quale si celano- se si presta la giusta attenzione-idee e bagliori della coscienza.
Percorso silenzioso e profondo quello di Rosa Dragonetti e delle sue tele. La volontà di possedere l’arte, al di fuori della sua dimensione storica, per far emergere quella più intima ed essenziale, afferma l’artista: “Chi sa disegnare possiede l’universo perchè penetra l’essenza del visibile attraverso la linea, un “ready made” il cui valore rivoluzionario non finirà mai perchè contiene anche l’arte che sarà fatta nel futuro.”
La matita disegna ombre, plasma figure, ma non soddisfa appieno il bisogno di Rosa, che altresì approda verso una nuova concezione d’arte, che abbandona la linea del reale e del visibile, per una linea evocativa e sensoriale.Reminescenze ed echi lontani del suo intimo pensiero, si tramutano in linee, segni: alcune morbide, e sinuose, altre geometriche taglienti.
Balenii di idee, concetti e pensieri, prendono forma nelle opere.
Da linee rosse, a volte, nascono parole, “going nowhere”- come recita una- un vorticoso errare, nel nulla, muoversi per andare da nessuna parte, per ricadere precipitosamente nell’oscurità della mente.La tela e l’artista dipingono, in sintonia o in contrasto, si incontrano e si scontrano, nello spazio nero della mente. Nero come ignoto, nero come destabilizzazione, nero come luogo dell’arte, dove non esistono contaminazioni o inganni.
“Ho catturato il senso di autonomia della tela, il suo appeal, la sua capacità di interagire con i miei gesti istintivi”- afferma Rosa- “il mio potenziale espressivo. Ho capito che la tela progetta il lavoro insieme all’artista, a volte anche contro l’artista, e se viene assecondata regala soluzioni sorprendenti. La tela dipinge.Ecco perchè i miei quadri si chiamano “Autodipinti” e sono solo numerati. “
La mente di Rosa si schiude, e il supporto, come mezzo, si pone tra lei e lo spettatore, si veste di nero e diviene spazio infinito e tempo sospeso: linee che viaggiano, che si fermano,e ripartono.Alcune si trasformano in accenti di colore rosso,altre sono bianche altre ancora nere stagliandosi in maniera irrequieta nello spazio.
La dimensione della tela, così è quello della mente, e in essa le linee si muovono tra parole,che si perdono e riemergono in textures offuscate, messaggi confusi che stimolano – lo spettatore – ad interrogarsi e a navigare ad occhi chiusi nella propria coscienza.
Come Tommaso Carozzi asserisce riguardo le opere di Rosa Dragonetti:”…una mappa dove le parole hanno preso il posto di strade e vicoli e dove gli omini dei cartelli stradali sono evasi per carambolare liberi nello spazio disabitato.”
Chiara Mastroianni